La (ri)scoperta della profondità di sé, che l’esperienza di otium può favorire, è un viaggio nella dimensione dinamica del reale, del nostro essere e dell’essere in generale, che è movimento, vitalità. Metafora dell’esistenza è il cammino, cifra del dinamismo che ci costituisce essenzialmente: siamo viandanti sui sentieri dell’essere; “sostando”, ci accorgiamo del nostro continuo “fluire”: “Le cose non esistono; ogni evento è un processo; la cosa è semplicemente una forma transitoria di un processo eterno. Tutto è in un flusso”, afferma Fritz Perls (1893-1970) celebre psicoterapeuta tedesco, fondatore della terapia della Gestalt.
Prendere coscienza di questo “flusso” è il primo passo verso la possibilità di fare esperienza della mia verità spazio-temporale, carne e spirito, qui e ora, scoperta e riscoperta di me quale homo viator, alla luce di questo fluire.
Ma come immergere lo sguardo in questo dinamismo che ci attraversa e ci costituisce?
Con la contemplazione del reale, lasciandoci coinvolgere a livello esistenziale con le verità dell’essere di cui facciamo parte, che incontriamo e riconosciamo meditando e riflettendo sulle conoscenze che ne abbiamo, sull’esperienza estetica e spirituale che possiamo farne, lontano dai nostri interessi immediati, portandoci su un sfondo più universale che fa emergere la nostra figura.
Tocchiamo qui il senso autentico di ciò che i Greci chiamavano theorein, “contemplare”, esercizio di pensiero e di concretezza: tutt’altro che apparire un’astrazione intellettuale, ciò che conosco meditando, mi pone in un atteggiamento concreto nei confronti della vita, ne segna un indirizzo, un destino.
Esperienza spirituale e concreta, la contemplazione è porta sulla possibilità di affinare l’ascolto e la consapevolezza di noi stessi.